San Martino - AIRONEINFORMA

L'Airone
Guide Turistiche Abilitate
Servizi Multimediali
Vai ai contenuti

San Martino

visitare veroli > chiese e luoghi di culto

cliccate sulle miniature per ingrandire le foto - fotografie di Antonio Grella - newformat@libero.it - è vietata la riproduzione e la pubblicazione anche parziale delle fotografie senza il consenso scritto dell'autore

[image:image-1]

SAN MARTINO


Un elegante portale del secolo decimoterzo è il solo elemento medioevale che emerge dagli stucchi della facciata. Un attento studio delle strutture potrebbe chiarire se l'attuale impianto dell'edificio possa farsi risalire al Medioevo. Il problema assume particolare interesse in relazione ad alcune caratteristiche delle chiese cistercensi (declinazione della facciata a ponente e preferenza per l'abside quadrata) che ricorrono in S. Martino (abbazia cistercense alla metà del duecento).
Nell'interno la chiesa ha un'estetica settecentesca e si svolge in una sola nave sulla quale si aprono cinque cappelle per parte. Il presbiterio comprende ai lati due spazi identici, per dimensioni e ornati, a quelli delle cappelle laterali. Dietro l'altare maggiore, l'abside quadrata un tempo accoglieva il coro. Le dimensioni complessive del tempio raggiungono circa 30 metri in lunghezza e 13 in larghezza.
S. Martino è una delle poche chiese di Ver oli ad avere ancora l'antica pavimentazione in cotto. Probabilmente l'attuale mattonato è quello posto in opera nel 1758, come indicherebbe la dimensione dei mattoni (circa cm. 18,5 di lato), che sembra rimontare a tempi precedenti l'introduzione del sistema metrico decimale.
L'altare maggiore forma un complesso omogeneo con le porticine laterali e la balaustra. Esso è datato 1740 e reca, nel lato anteriore della mensa, gli emblemi araldici della famiglia Campanari (da molto tempo, lo spirito vandali -stico di ignoti ha sottratto gli stemmi Campanari che fregiavano i laterali dell'altare e la balaustra) xxvm.&£' un lavoro di tarsie in marmi policromi e madrcperla, opera di marmorari napoletani o romani.
xxvm porse i0 "spirito vandalistico" non è da attribuire a ignoti, ma ai francesi che, agli inizi dell'ottocento, cacciarono i frati e trasformarono il convento di S. Martino in "caserma dei prepose per le gabelle con officio di controllo" (V. Caperna).
La guarnizione marmorea della navata è completata da un'acquasantiera a forma di conchiglia, presso il primo pilastro a sinistra, e da due mensole sor-rette da eleganti volute, ai lati dell'altare maggiore; questi manufatti, in marmo giallo locale, debbono essere attribuiti con ogni probabilità alle stesse maestranze che hanno eseguito nel 1740 l'altare maggiore.
Un'originale macchina barocca si eleva fra la quarta e la quinta cappella di destra. Nasce dal felice connubio di pulpito e confessionale, entrambi in noce intagliato. Dai documenti coevi sappiamo che il pulpito è realizzato nel 1758 da fra' Bonaventura da Somma sotto la direzione di fra' Celestino da Quarona. Il confessionale è forse eseguito a distanza di qualche tempo, ma certamente dallo stesso artefice, lungamente attivo nel convento. Infatti la composizione risulta equilibrata ed omogenea, mentre gli intagli denunciano palesemente una derivazione dalle tradizioni lombarde del tardo Seicento, certamente famigliari a Bonaventura da Somma.
Nel fondo dell'abside si trova un monumentale armadio da sacrestia, in noce, a tre ordini di sportelli scorniciati, con bocchette in bronzo dorato. Di sobrie linee, è sicuramente opera settecentesca dei frati ebanisti del convento.
Dovrebbero assegnarsi all'attività dei frati artigiani anche il severo inginocchiatoio in noce e il portone esterno della chiesa, caratterizzato da un elegante giuoco di cornici.
Le dieci cappelle laterali sono tutte uguali per dimensioni. L'unica asimmetria è costituita dalla maggiore profondità della quarta cappella di sinistra. Questa è la cappella di S. Antonio da Padova, giuspatronato Giovar di prima e ora Campanari. Al centro della fastosa decorazione l'altare: risalente al 1748, è un lavoro romano in marmi policromi, bronzi dorati e stucchi. Appartiene a questa cappella una muta di dieci candelabri settecenteschi in bronzo, recanti sulla base lo stemma di monsignor Vittorio Giovar di; un tempo argentati, appartengono alla migliore produzione romana dell'epoca.
Inspiegabilmente l'artistico cancello in ferro battuto della cappella di S. Antonio da Padova giace abbandonato in uno scantinato dell'ex-convento di S. Martino. Decorato dagli emblemi araldici del Giovar di, è, con ogni probabilità, prodotto qualitativamente elevato di artigiani locali.
La cappella di S. Antonio da Padova riveste particolare interesse anche sotto il profilo più genuinamente religioso. Infatti nell'altare è conservato l'intero corpo di S. Prospero Martire (visibile attraverso la fenestrella della confessione, si presenta ancora come lo raffigura una tavola a stampa del 1748: composto entro un'urna di vetro e legno dorato, è artisticamente ricoperto da modellato in cera e da vesti di foggia antica). Inoltre, la cimasa borrominiana che corona l'architettura dell'altare contiene il deposito di numerose reliquie, esposte sotto vetro alla venerazione dei fedeli.
Anche la cappella di S. Pasquale (quarta a destra) è di ragguardevole interesse architettonico e artistico. L'altare e la sovrastante scorniciatura, guarniti in marmo giallo e commesso di pietre policrome, sono un pregevole lavoro - forse romano - del pieno secolo XVIII. Coevo è il pavimento in maiolica a motivi geometrici azzurro e seppia, su fondo bianco; dovrebbe essere opera di "cocciari" verolani.
Nella parete sopra l'altare si trova un luminoso affresco raffigurante l'incoronazione della Vergine da parte dell'Eterno Padre. Se si esclude qualche infelice ritocco, per gusto limpido e vivace senso plastico la pittura si presenta come opera di un distinto artista romano del Cinquecento. Più in alto, sopra la cornice marmorea, è situato un dipinto ad olio raffigurante la Maddalena penitente; è di buona mano, forse di scuola romana, e risale alla prima metà del XVIII secolo, se-non alla fine del precedente.
Inoltre la cappella di S. Pasquale, che possiede altri due dipinti nelle pareti laterali, è rivestita di eleganti decorazioni a tempera, opera di artigiani locali del secolo scorso (gli stemmi sulle pareti sono della famiglia Quadrozzi, succeduta nel XIX sec. agli Aliprandi nel giuspatronato di questa cappella, un tempo appartenuta alla storica famiglia del card. Ennio Filonardi).
Nelle altre cappelle, che sono notevoli per ricchezza di stucchi settecenteschi e decorazioni, vi sono numerosissimi dipinti, tra i quali spiccano per pregi artistici:
Quadro ad olio raffigurante S. Francesco in preghiera (seconda cappella a destra), attribuibile al noto artista francescano Emanuele da Corno (1626-1701).
Pala raffigurante la Madonna col Bambino, Santa Lucia e S. Eligio (seconda cappella a destra), pittura ad olio del XVIII secolo;
Affresco raffigurante S. Francesco col Bambino, incorniciato da tela ad olio che ritrae due santi e tre angeli (seconda cappella a sinistra); l'affresco risale al secolo XVI - se non al precedente - e la tela al XVIII;
Tavola ad olio raffigurante Sant'Apollonia (seconda cappella a sinistra), del XVII secolo;
Pala raffigurante la discesa dello Spirito Santo (quinta cappella a sinistra), del XVIII secolo.
Nella sinistra del presbiterio, una nicchia accoglie la statua di S. Antonio Abate, in legno laccato, antecedente l'anno 1777; la nicchia è contornata da una sontuosa cornice di stucchi policromi, eseguita nel 1777; sotto la nicchia vi era originariamente un altare, oggi scomparso.
La chiesa di S. Martino possiede diverse sculture lignee, almeno in parte ricondueibili alla scuola d'artigianato interna al convento; fra le altre statue settecentesche, di S. Francesco (cappella di S. Francesco, terza a destra), dell'Assunta (attualmente nella sinistra del presbiterio) e di S. Antonio da Padova (originariamente nella cappella omonima e ora abbandonata in un magazzino).
La chiesa di S. Martino è particolarmente ricca di epigrafi. Circa 20 sono le lapidi funerarie ancora in sito; la più antica è quella del sepolcro Campanari, risalente al 1597, più volte pubblicata e di non comune interesse storico e artistico; le altre, appartenenti ai secoli XVII, XVIII e XIX, costituiscono una testimonianza insostituibile di storia locale. Due grandi epigrafi celebrative, del 1740 e del 1782, si trovano murate nell'abside, ma una di esse è incompleta della sezione inferiore, che giace abbandonata nel cortile (già chiostro) adiacente alla chiesa, insieme a materiale di scarico. Hanno condiviso questa tristissima sorte anche due lapidi funerarie. Di queste tre iscrizioni si teme in tempi brevi la dispersione.
Si segnala che la gran massa delle suppellettili degli altari sarebbe stata immagazzinata da qualche anno in una stanza attigua alla chiesa, mentre un'altra parte di esse (quelle relative alla cappella di S. Antonio da Padova) si trova nel ripostiglio - umidissimo - a sinistra dell'altare maggiore. Per tali ragioni non è possibile darne descrizione.
Di non trascurabile interesse storico ed artistico è la campana della chiesa. Essa si trova attualmente sulla copertura della prima cappella di destra; è una fusione eseguita nel 1723 dallo scultore e fonditore verolano Benedetto Mattei, è decorata con medaglioni e volute e porta - oltre al nome dell'artista - una iscrizione dedicatoria.
Non si può concludere questa esposizione senza lamentare lo stato di degrado in cui è lasciata inspiegabilmente da anni la chiesa di S. Martino. L'incuria da parte del Comune concessionario e gli usi impropri ai quali è stato talvolta destinato l'immobile (mostre etc.) hanno nociuto sostanzialmente alla conservazione dello storico tempio e dei suoi pregevoli manufatti ed arredi. Dato l'interesse monumentale, storico ed artistico della chiesa, è auspicabile che quanto prima si intervenga per evitare danni irreparabili. A maggior ragione appare inammissibile l'eventualità di opere che (come quelle deliberate dal Comune di Veroli) manomettano per sempre la fisionomia impressa nei secoli e i riferimenti storici positivi: sono proprio questi gli elementi che tramutano cose inanimate in testimonianze vitali di civiltà e ragioni profonde del sentire umanistico.

PAOLO SCACCIA SCARAFONI Veroli, chiesa di S. Martino, cit.

Curiosità
I frati del convento di S. Martino, pur di venire incontro ai poveri, e specialmente ai contadini, aprirono un negozio di generi alimentari e di tessuti che vendevano in cambio di altra mercé. Il negozio fu gestito da Fra Leone fin quando fu acquistato dal Signor Nino Papetti, il quale, oltre al negozio, ebbe il soprannome di... Fra Leone.
All'inizio di via Lucio Alfio, verso la scala, ci sono due piccoli ambienti: uno era destinato a contenere la legna che i contadini, venendo a Veroli, regalavano ai frati gettandola attraverso una piccola apertura praticata nella porta; l'altro era una camera mortuaria ricavata dal vano occupato dall'antico pozzo del convento, nella quale venivano fatti sostare coloro che erano morti per incidenti o, comunque, in maniera poco chiara. Un tale, soprannominato "Cotognino", si occupava della salma ed era il capo degli spalloni che provvedevano al trasporto del cadavere. La nicchia che sovrasta una delle due porte conteneva una piccola statua in ceramica di S. Antonio Abate, ora conservata dall'architetto Roberto Mauti.




Torna ai contenuti